LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"SE NON SAI, SAPRAI"

aggiornata il 28 gennaio 2010

 

 

Vieni da "filosofi epistemici" o da "sapere degli oggetti"

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Larvatus prodeo.

"Come gli attori, perché il rossore della vergogna non appaia loro in volto, vestono la maschera, così anch'io sul punto di salire su questa scena mondana, di cui fin qui fui spettatore, avanzo mascherato". (Cogitationes privatae, 1)

Perché?

Che bisogno aveva Cartesio di procedere mascherato?

"Qu'est-ce que cherche Descartes?"

si chiede Lacan nel seminario del 3 giugno 1964. E risponde:

"C'est la certitude".

Sì, ma che bisogno c'era di mascherarsi per cercare la certezza? Forse perchè in un'epoca dominata dalla teologia, che possiede la verità rivelata, cercare la certezza è un atto potenzialmente blasfemo. Forse perché cercare la certezza è un modo per mettere in dubbio la verità rivelata? Non lo sapremo mai. Possiamo escogitare le più diverse congetture finalistiche - quella che preferisco è che Cartesio si travestisse da teologo per far passare verità non teologiche, come il cogito e l'esistenza di un dio ingannatore (sic) - ma non possiamo dimostrarlo. Ogni congettura sulla maschera di Cartesio vale come quella sulla sua causa di morte. Dicono che fu avvelenato dai Gesuiti. Difficile non crederlo, ma più difficile dimostrarlo. Anche la sua morte fu mascherata.

Poco male. Dopo Freud sappiamo trattare le maschere. Sappiamo che la maschera è un sintomo. Se crediamo a Freud, non ci resta che applicare alla maschera di Cartesio l'analisi del sintomo.

A cosa serve un sintomo?

A niente – a godere.

Con il suo sintomo Cartesio giocava e godeva.

Ma tra una partita e l'altra del gioco, negli interstizi del godimento, fece passare pensieri mai pensati prima. Per noi conta solo questo.

Certo è che, larvatus sive non, Cartesio riuscì a produrre i maggiori fraintendimenti nei suoi confronti. Era questo che voleva?

Cartesio dualista, Cartesio idealista, Cartesio meccanicista, Cartesio razionalista, Cartesio platonista. Uno scolastico francese, Etienne Gilson, arrivò a dire che Cartesio prolungava Tommaso. Le maschere di Cartesio non si contano. Vuoi diventare famoso? Scrivi un libro sugli errori di Cartesio. Non è difficile. Di errori ne ha commessi tanti. Per esempio, nel suo capolavoro, la Geometria, sosteneva di aver costruito un compasso per risolvere tutte le equazioni. Ingenuità del genio in delirio di onnipotenza. La sua fisica dei vortici è fantascienza.

Ma... anticipa la fisica quantistica.

I geni commettono tanti piccoli errori. Gli epigoni dovrebbero sceverare tra gli errori minori le intuizioni geniali. Invece no. Con Cartesio ci si accanisce sugli errori. Damasio gli rimprovera di non avere tenuto nel debito conto le emozioni umane. Gli scolastici lacaniani lo ritengono responsabile di aver fuorcluso la verità dalla filosofia, scaricandola su dio, e di aver creato le premesse per la scienza positivista: senza soggetto, quantitativa, meccanica.

Sciocchezze, però...

All'analista il cumulo di tanti fraintendimenti fa pensare una cosa sola:

esiste una resistenza.

A che cosa?

Domanda da cento milioni di dollari.

Tanto vale scommettere. La teoria delle probabilità, tra l'altro, nasce proprio in epoca cartesiana come modo per trattare le congetture in generale, non solo sugli esiti del gioco. Quindi, il metodo della scommessa si applica "naturalmente" a Cartesio. Invita a scommettere su cosa c'è dietro la maschera cartesiana.

Io, un'ipotesi su cui scommettere, ce l'avrei. A molti può sembrare pazzesca. Io stesso esito a formularla. Ma non è meno folle delle tante congetture circolanti sulla morte di Cartesio per veleno luterano o per piano gesuitico.

La mia non è una congettura storica ma strutturale. Si basa sulla simmetria tra Cartesio e Freud. Chi, pur non procedendo mascherato, ha prodotto tante e forse maggiori resistenze al proprio pensiero - non è il caso di minimizzare - fu Freud.

Ecco, allora, la congettura su cui scommetto, proprio sulla base di un'evidenza quantitativa - estrinseca quanto volete ma solida: tante resistenze contro Cartesio, altrettante contro Freud. (Detto con un pizzico di Nachträglichkeit freudiana).

Dietro la maschera di Cartesio c'è Freud.

Il percorso personale che mi ha portato a formulare questa congettura è stato molto tortuoso. Non vale la pena biografarlo: settembrre 1997, un invito di un'università del Centro Italia, un viaggio, un seminario, qualcuno ti mette una pulce nell'orecchio ... Per prendere pulci basta aver orecchio. E' una vecchia storia. Si buttano alle ortiche le dottrine scolastiche, come premessa per pensare. E' un topos... cartesiano. Per immaginare Freud dietro Cartesio - grande pensata, ammettetelo - ho dovuto uscire dalle scuole di psicanalisi a cui ho appartenuto (a volte, addirittura fondandole). Ma di questo basta.

La congettura è un'affermazione indimostrata ma non indimostrabile. E' cartesianamente falsa, perché può essere revocata in dubbio e sospesa, come in analisi fa l'analista, che dedica "un'attenzione ugualmente sospesa" alle congetture che emergono dallo scavo analitico. La mia congettura, poi, non promette nulla di buono, quanto a possibilità di dimostrazione rigorosa.

Allora mi permetto di barare un po'. Come dimostrazione non ammetto solo la dimostrazione logica in senso stretto, quella che deduce teoremi da assiomi, (ma se c'è, è benvenuta), e neppure solo la dimostrazione indiziaria, data dalla convergenza degli indizi, alla Conan Doyle o alla Poirot, per intenderci (ma anche questa, se c'è, è gradita). Perché con le congetture ci vuole una dimostrazione congetturale.

Cosa intendi con dimostrazione congetturale?

Con dimostrazione congetturale di una congettura intendo la produzione di nuove congetture a partire dalla congettura iniziale. Una congettura è congetturalmente dimostrata, se produce nuove congetture.

La seguente è un'interessante congettura su una probabile dimostrazione congetturale archimedea riguardante il calcolo dell'area della superficie sferica.

Te ne do un'altra riguardante una famosa congettura - l'infinitezza dei numeri primi gemelli - che ogni matematico ritiene vera, pur mancando della dimostrazione rigorosa. La mia dimostrazione "congetturale" è di tipo probabilistico. Ogni matematico sano di mente la riterrebbe per lo meno "spericolata". Ma è solo un esempio per chi non ha esperienza di psicanalisi di come in psicanalisi si lavora cartesianamente con l'incerto oggettivo per produrre il certo soggettivo, magari mantenendo un pizzico d'errore o, detto in termini cartesiani, di erranza.

La seguente è un'interessante congettura su una probabile dimostrazione congetturale archimedea riguardante il calcola dell'area della sfera.

In generale, nella vita quotidiana la dimostrazione congetturale è diffusamente applicata. Essa viene introdotta da una formula del tipo: "Non vi sono ovvie ragioni per non credere che...". In logica epistemica la doppia negazione applicata al sapere (credere) produce ancora un sapere. Credere è non poter non credere. (Lo giustifica un noto teorema di Kolmogorov. Cfr. il mio Una matematica per la psicanalisi).

(A proposito di probabilità. C'è sempre una quota di soggettività in ogni considerazione probabilistica, persino in quella valutazione più oggettiva che è il calcolo della frequenza statistica di un evento. E' questa componente soggettiva che giustifica la scommessa, come sa bene il giocatore d'azzardo incallito).

Lo psicanalista freudiano, a suo modo un giocatore d'azzardo, mi capisce subito. Non si scandalizza per eventuali lapsus del discorso, magari veri e propri errori. L'interpretazione psicanalitica è vera, non tanto se concorda con il dato biografico dimenticato, ma se produce l'affiorare di "nuovo" materiale incoscio, cioè, nel mio linguaggio, nuove congetture.

Il principio congetturale di verità è la fecondità.

Detto in breve: è vero ciò che produce nuovo sapere. La verità come novità epistemica non è mia invenzione. Risale alle Costruzioni in analisi di Freud.

Per procedere devo entrare nei dettagli.

In fondo, bisogna riconoscerlo. Non hanno tutti i torti i lacaniani a predicare che Cartesio fuorcluse la verità. E' vero, in parte, anche se i lacaniani non lo sanno. (La loro è un'affermazione dogmatica). Cartesio parzialmente fuorcluse la verità ed è il suo maggior titolo di merito essere riuscito a farlo. Cartesio espunse dal discorso filosofico - che in questo modo diventava scientifico - la verità categorica.

La verità categorica è una verità binaria del tipo: A è vero (cioè è), non A è falso (cioè non è). Discorsi fortemente binari come questo non hanno più corso dopo Cartesio. Il quale con il semplice gesto di proscrivere il binarismo forte escluse dal discorso scientifico tutta - dico tutta - l'ontologia parmenidea dell'essere che è e del non essere che non è.

Ho sviluppato l'argomento nel terzo capitolo del mio Scienza come isteria, (Campanotto, Udine 2005, pp. 117-156), intitolato appunto

Cartesio e l'indebolimento binario.

In Il genio della verità ("aut aut", 313-314, gen-apr 2003, pp. 151-170), ho sviluppato la nozione di verità come "parallelismo" tra sapere ("la neve è bianca" è un'assero vero) ed essere (ssela neve è bianca). In corrispondenza mi sono divertito a classificare le epistemologie come le geometrie:

con una sola parallela, l'epistemologia forte – con una sola verità – corrispondente all'ontologia categorica o parmenidea, a suo modo modellizzata dalla geometria euclidea (a curvatura nulla o parabolica);

senza parallele, l'epistemologia nichilistica – senza verità – corrispondente a un'ontologia dove non esistono fatti ma solo interpretazioni, a suo modo modellizzata dalla geometria riemanniana (a curvatura positiva o ellittica);

con infinite parallele, l'epistemologia congetturale - con più verità, ciascuna "falsa" fino a prova contraria - corrispondente all'ontologia dell'essere condizionato (in più modi) dal sapere, a suo modo modellizzata dalla geometria lobacevskiana (a curvatura negativa o iperbolica, che è anche quella che si incontra più di frequente nelle varietà topologiche multidimensionali).

Gli ultimi due casi rappresentano l'indebolimento epistemico. L'indebolimento è una condizione intrinseca ad ogni epistemologia scientifica. Infatti, Tarski ha dimostrato che in un sistema sufficientemente potente e coerente è impossibile esprimere un predicato-verità che per ogni proposizione "dica" che è vera sse essa è vera. (Più precisamente, non esiste un predicato V(x) tale che per ogni proposizione a si possa dimostrare l'equivalenza tra a e V(a)). Insomma, il parallelismo tra essere e sapere è sempre parziale. I fenomenologi lacaniani dicono che la scienza fuorclude la verità. E' preferibile il teorema di Tarski.

Sembra una perdita, l'indebolimento, invece comporta un guadagno, anche rilevante: la scienza moderna cessa di essere conoscenza delle essenze o delle idee, come la scienza antica - scienza dell'eidos in Platone, dell'ousia in Artistotele -, e diventa scienza delle esistenze - probabili o congetturali. Dall'antico al moderno si passa da un discorso ideale a un discorso reale. Concordo con Lacan nel mettere in rilievo il "registro" del reale.

Tanto dico per cominciare a orientare il collocamento della psicanalisi più sul versante esistenziale che essenziale. Qui sta anche "l'essenza" (nel senso aromatico del termine) della mia operazione antiscolastica. Infatti,le scuole, quelle di psicanalisi in particolare, per sopravvivereprivilegiano l'essenza, codificata nella loro dottrina, e trascurano l'esistenza, che è l'oggetto della libera ricerca scientifica.

In base a queste e altre considerazioni, non è da poco la mossa cartesiana e giustifica gran parte delle resistenze contro il pensiero soggiacente, in particolare, nonché contro la scienza, in generale.

Ho appena parlato di fuorclusione parziale della verità. Infatti, Cartesio non fuorclude la verità matematica o, meglio, non fuorclude la forma matematica della verità.

Non entro nel merito dei contributi di Cartesio alla matematica, che rimangono unici. L'unicità del contributo cartesiano va inteso nel senso tecnico precisato da Enrico Giusti nel suo aureo libretto (Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici Bollati, Torino 1999, cap. 5), a cui rimando.

Qui intendo dire che la forma di verità accettata da Cartesio non è altro che la forma matematica, cioè condizionale: Se A, allora B. In matematica, infatti, non esistono verità categoriche - del tipo: E' vero che A -, ma solo verità condizionali - del tipo: Se A è vero, allora B è vero. Qualunque sia A - un assioma, una congettura oo un teorema precedentememte dimostrato - se A è vero, è vero anche B.

Paradigma di verità condizionale è il famoso cogito. Il cogito è un condizionale epistemico-ontologico: Se sai, allora sei (sicuramente!).

Risultato finale e originale (originario): nella modernità l'essere non è un dato incondizionato, ma è un risultato condizionato dal sapere. L'essere è una forma di sapere. Se c'è la forma - il sapere - c'è anche il contenuto - l'essere. Kant direbbe che l'essere è una categoria del soggetto trascendentale, cioè l'Io penso. ("Trascendentale" nel senso tecnico: condizione necessaria affinchè il soggetto sia possibile).

In particolare Cartesio prende in considerazione una specifica forma di condizione epistemica: il dubbio. Il dubbio è un'alternativa epistemica. Si può esprimere così: o so o non so. Il punto è che è se le alternative sono finite, per es. solo due, sapere e non sapere, l'alternativa è valida, e in entrambi i casi produce un soggetto epistemico: un soggetto che sa, nel primo caso, o un soggetto che sa di non sapere, nel secondo.

Un punto su cui i commentatori non insistono, ma che è vitale per la metapsicologia, è che il soggetto emergente dal dubbio è un soggetto finito, in quanto l'alternativa del dubbio è finita. Ma sulla finitezza del soggetto ormai è stata raggiunta la certezza.

Sviluppo l'argomento nel mio La mente che non c'è, già citato in

sapere del soggetto.

Sui rapporti tra soggetto finito e infinitezza, vista come attributo di dio, rimando al saggio di Giovanni Leghissa, intitolato L’infinità di Cartesio e gli statuti del soggetto, pubblicato su "Scibbolet", 5, 1998, pp. 151-168.

Sul tutto il resto domina l'incertezza. La verità dell'oggetto, eventualmente infinito, è per Cartesio incerta. E' garantita solo dal dio non ingannatore. Ma questo è un trucco pseudoteologico, che non ha ingannato nessun teologo. Per noi è un trucco superfluo, perchè l'incertezza non ci dà alcun fastidio. Infatti, sappiamo lavorare con l'incertezza, per esempio con il calcolo delle probabilità.

Anche il corpo è incerto e trattabile solo mediante congetture. Il campo dell'incertezza (la res extensa) è il campo di lavoro epistemico - con gli strumenti delle congetture e delle scommesse. E' l'orticello dove lavora il soggetto cartesiano (la res cogitans):

è il campo della scienza.

E Freud?

Praticamente Freud prolunga Cartesio. Il suo inconscio è un terzo stato epistemico. Dopo il sapere e il non sapere, Freud introduce il non sapere di sapere ancora. Il sapere inconscio è un sapere a tutti gli effetti e come tale condiziona l'essere del soggetto. Ma non è un sapere immediatamente disponibile. Emerge solo après-coup, nachträglich, dopo un lungo lavoro di analisi, cioè dopo un lungo tempo per comprendere, direbbe Lacan.

A proposito, e Lacan?

Praticamente Lacan prolunga Freud, che prolunga Cartesio. Il suo inconscio è un quarto stato di sapere. Dopo il sapere, il non sapere e il non sapere di sapere ancora, Lacan introduce il sapere dell'altro e guadagna la dimensione collettiva dell'inconscio, già preconizzata da Jung.

A questo proposito il testo lacaniano di riferimento è Il tempo logico (J. Lacan, Ecrits, Seuil, Paris 1966, p. 197), che io preferisco chiamare Tempo epistemico. Non potendo io metterlo in rete, tu ti devi accontentare del primo capitolo del mio libro ("Il soggetto dell'incertezza. Da Cartesio a Freud e ritorno", in Scienza come isteria, Campanotto, Udine 2005, pp. 19-47).

Forse, a questo punto, qualcuno vorrebbe smascherarmi. Il tuo discorso è ad demostrandum, sento dire. Dici che dietro Cartesio c'è Freud per dimostrare che Freud è uno scienziato e la sua psicanalisi una scienza. Già, rispondo, e come la mettiamo con Lacan? Difficile dimostrare la scientificità di Lacan, con tutto il suo uso improprio della matematica. L'uomo di scienza usa la matematica in modo proprio, non metaforico. Lasciamo stare. Torno alla mia congettura.

Fondamentalmente, la prova che la congettura Freud dietro Cartesio è giusta sta nella fecondità del sito in cui è formulata. Se arrivano conseguenze analiticamente rilevanti da coloro che lo frequentano, allora la congettura è vera o funziona come se fosse vera. Se non produce risultati, allora è falsa e può essere buttata via. Con il suo decadere si può chiudere anche questo sito.

Il discorso sul sito continua in

la morale del sito

Se non vuoi subito tornare alla home, puoi consultare il testo di Jaakko Hintikka, nella versione del mio amico Agostino Lupoli. Si intitola:

Cogito: Inferenza o Performance?

Chi si è impratichito con il modo di ragionare di questo sito sa già la risposta. Tuttavia, consiglio di dare lo stesso un'occhiata al testo di Hintikka, per avere una visione meno della mia bizzarra sulla performance di Cartesio, collocata all'interno della filosofia analitica.

In ambito fenomenologico, una visione certamente più accademica della mia delle "peripezie" del cogito è quella che Pier Aldo Rovatti espone nella prima parte del suo libro La posta in gioco, che allego con la sua autorizzazione. Rovatti evidenzia la simmetria di Cartesio, che starebbe a metà strada tra Husserl e Heidegger. Cartesio dubita, cioè non crede vero ciò che vede nel mondo. Husserl dubita due volte: dubita del dubbio di Cartesio, riducendolo a negazione di esistenza del mondo. Il metadubbio husserliano, contro cui prende posizione anche Lacan nel Seminario II (Seuil, Paris, 1973, pp. 332-333), si chiama epoché (cfr. Idee I, § 27-32). Heidegger, invece, dubita zero volte. Per lui non c'è dubbio, ma solo la certezza del subjectum di fronte all'ente. Heidegger azzera così il dubbio di Cartesio, riducendolo a "immagine del mondo". Per Heidegger è scontato che rappresentare l'oggetto implichi il rappresentarsi del subjectum a se stesso. (M. Heidegger, "L'epoca dell'immagine del mondo", in Sentieri interrotti (1950), trad. P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze 1984, pp. 72-101, ma vedi anche le pagine su Nietzsche II, Adelphi, Milano 1994, pp. 656-698).

La simmetria logica tra i due pensatori - come la simmetria matematica è quella dell'un dubbio tra zero dubbi e due dubbi - sta nella loro intrinseca incapacità di pensare epistemicamente il dubbio come non sapere se si sa o non si sa. I due fenomenologi riescono a non pensare il dubbio in due modi uguali e opposti. Per loro il dubbio si riduce innanzitutto a un enunciato di logica apofantica, la logica binaria aristotelica. Poi, per il primo il dubbio è negazione, mentre per il secondo è affermazione del mondo. Il risultato finale è uguale per entrambi: la perdita del soggetto finito della scienza. L'oggetto - l'infinito - era andato perso già molto tempo prima.

Con queste considerazioni credo di aver reso giustizia a Cartesio rispetto alle due classi di fraintendimenti, quelli più comuni, a cui si possono ricondurre gran parte delle confutazioni degli "errori di Descartes".

Sulla topologia del dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa e il suo superamento in Spinoza rimando a

Anima e corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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